GHITA, Storia della Fornarina
(lettura scenica)
drammaturgia di Simone Faloppa e Giulia Viana con il contributo di Giulia Bellucci e Giacomo Ferraù
regia Giacomo Ferraù
con Giulia Bellucci
produzione Eco di fondo
con il sostegno di AMAT / Comune di Urbino
ringraziamenti Tindaro Granata
Ghita racconta un Raffaello inedito, umano, preda delle passioni, diviso, combattuto tra la carnalità dell’incontro amoroso e la sacralità più assoluta dell’arte. Il ‘Dio mortale’ visto attraverso gli occhi di Margherita Luti, l’ultima amante e sicuramente la più famosa: La Fornarina.
È la storia di un amore assoluto e potentissimo. Amore e morte insieme. Un sentimento universale mai completamente risolto, una perdita che non è lecito piangere, se non nel silenzio di un convento. Le lacrime agli occhi di Ghita, di fronte alla tomba del proprio amore scomparso appena 37enne. L’urlo di dolore che le lacera le viscere, quando vede che accanto al nome del suo amore, hanno inciso nella pietra il nome di una donna che non ha mai amato e non il suo. La corsa di Ghita attraverso la città, derisa ed allontanata da tutti, preda della rabbia ed accecata del dolore. La sua scelta di chiudere il mondo fuori dalla porta del convento, o forse di chiudere se stessa lontano dal mondo; la scelta di galleggiare nel bianco, per dimenticare i colori troppo accesi di un amore finito. Il convento dove lentamente, anno dopo anno, Ghita si spegne. Con i lunghi capelli bianchi che le scendono sulle spalle. Bianchi come la farina del forno in cui è cresciuta.